“di design”, ma che vuol dire?
Avete notato quanto spesso sia utilizzata la locuzione “di design? La troviamo ovunque: nelle riviste di settore, nei blog on line, negli annunci immobiliari. Vogliamo aggiungerne altre di grande sostanza lessicale? “Di pregio, di stile, finemente ristrutturato”. E non si dice più “su misura o custom made”: troppo poco chic, troppo anni ’90, ora si utilizza l’aggettivo “sartoriale”, molto più evocativo ed elegante, per chi ama l’italiano. Per gli amanti dell’inglese, invece, abbiamo grandi novità. La parola del momento è “bespoke”. Su questo termine ho ceduto anch’io, lo confesso, è stato un momento di debolezza interiore.
Diciamo la verità, tutti si divertono a giocare con le parole per rendere gli argomenti trattati ammalianti come le Sirene di Ulisse, e la cosa grave è che questa malìa funziona perfettamente! Ora, ditemi voi che cosa significa, nella sostanza, “di design”. Di disegno? Ma tutto è disegnato, ed allora non significa nulla. Capisco che pronunciare questo termine in inglese abbia un suo fascino fonetico, lo capisco…
Ebbene, sgomberato il campo e chiarito che “di design” non ha alcun valore sostanziale e descrittivo, passiamo al pregio. Che cos’è “di pregio”? Nella visione comune dovrebbe riferirsi a qualcosa che ha un valore sostanziale reale – non per nulla il termine pregio deriva dalla medesima parola latina (pretium) che dà origine anche al termine “prezzo” – ed invece è utilizzato piuttosto a caso. Perché non è detto che qualcosa di caro sia per forza di valore, o viceversa. Pagare molto ciò che si acquista non può essere una garanzia di appropriatezza dell’acquisto.
Dobbiamo sempre soffermarci sulla sostanza delle cose per conoscerle nella loro verità, con grande capacità di osservazione, soprattutto dei particolari. Conoscere i materiali, i dettagli tecnici e le finiture, al di là della qualità progettuale ed estetica – che può essere un elemento soggettivo – sono aspetti fondamentali in un processo decisionale consapevole.
L’invito è quello di andare oltre la retorica delle parole e di esaminare qualsiasi cosa – da un arredo ad un complemento, da una casa ad una lampada – con mente critica. Dobbiamo evitare di farci travolgere dal qualunquismo linguistico e stilistico che ci circonda. La questione non è morale né lessicale, la questione è molto concreta, perché se le nostre scelte saranno dettate dalla furbizia terminologica altrui, più che dalla nostra capacità di analisi, difficilmente potremo essere soddisfatti.
Facciamo anche attenzione agli annunci immobiliari che sono pervasi da locuzioni del tipo: “appartamento finemente ristrutturato”, oppure, “loft con capitolato di qualità”. Ora, mi piacerebbe sapere cosa può descriverci l’avverbio “finemente”: in verità nulla perché è termine vuoto o, nella migliore delle ipotesi, soggettivo. Ciò che è fine per me può non esserlo per te. Dipende dalla cultura, dal gusto personale, dalla visione che ognuno di noi ha ed è sempre diversa. In tal senso confesseremo la nostra propensione per le case da ristrutturare, ovvero quelle che ci consentiranno di disegnare davvero il nostro mondo.
Una riflessione a parte sui materiali da capitolato. Ci capita molto spesso di combattere contro questi materiali, che ti lasciano sì una scelta, che però è limitata a pochissime opzioni e non è detto che ce ne sia una che vada bene. Ed allora eccoci costretti ad uscire dal capitolato, con tutti i costi annessi e connessi. Perché il gioco è sempre lo stesso: quando ti allontani dalle scelte del costruttore – che spesso sono dettate da ragioni di budget o di accordi coi fornitori – difficilmente potrai farlo a basso costo.