Bentornati spazi comuni
Da osservatori attenti e un po’ guardoni, abbiamo constatato che in questo periodo stanno tornando a nuova vita gli spazi comuni condominiali. Più per obbligo che per scelta consapevole, i terrazzi sui tetti dei palazzi si sono trasformati in spiagge e piazze, i cortili in luoghi di sport, gli androni in asili improvvisati. E dove esisteva un verde condominiale, abbandonato da tutti perché tutti erano affannati a vivere la propria esistenza autoreferenziale, ora stanno nascendo roseti ed orti che non si sono mai visti nemmeno prima che Eva mangiasse la mela.
Bene, noi siamo naturalmente contenti per questi accadimenti e ci auguriamo che non sia l’ennesimo fuoco di paglia pronto a spegnersi non appena le cose si rimetteranno in moto. Tuttavia, abbiamo la sensazione – piccola ma indomita speranza – che alcune conquiste possano rimanere anche dopo questa tempesta. Ed allora facciamo due riflessioni su questi spazi condominiali perché non si capisce come mai, o forse sì, la maggior parte della gente, fino a ieri, fosse concentrata (esclusivamente) sulla propria abitazione.
Lavoriamo 14 ore al giorno, più per manierismo esibizionista che per reale necessità, fatichiamo a guadagnare quello che guadagniamo, il potere d’acquisto della moneta è diminuito nel tempo, siamo sempre più insoddisfatti, non ci sentiamo spesso all’altezza delle aspettative (altrui), e ci teniamo a fare bella figura quando invitiamo qualcuno a casa.
Date queste premesse, possiamo avere tempo da dedicare agli spazi comuni? Possiamo sprecare energia a relazionarci coi nostri condòmini, coi quali ci salutiamo fugacemente, nella migliore delle ipotesi, magari fissando il modello di scarpe che hanno ai piedi? Non possiamo, evidentemente. Siamo troppo concentrati su noi stessi, siamo compresi e compressi nelle nostre convinzioni, siamo pietrificati in un meccanismo così immobile che nemmeno Medusa, col suo sguardo, poteva sperare di riuscirci.
Di questo periodo – che non amiamo, che avremmo volentieri evitato, e per il quale non facciamo alcuna apologia – ci sta piacendo il potere dirompente. Perché alcuni schemi sono comunque saltati, le persone stanno uscendo dalle proprie tane confortevoli in cerca di spazi comuni, di aria, di relazioni di vicinato. Ci piacerebbe che di questa brutta avventura rimanesse un cambiamento interiore, e che questo cambiamento avesse degli effetti concreti sui luoghi nei quali viviamo.
Impariamo a prenderci cura degli spazi comuni come e più di casa nostra, pensiamo come poterli vivere al meglio, magari facendo qualche piccolo investimento in termini di manutenzione e di arredi, funzionali al loro utilizzo. Immaginatevi il terrazzo sul tetto – che fino a ieri era solo una noiosa spesa per il rifacimento del lastrico solare – trasformarsi in giardino pensile, con bersò, piante rampicanti ed alberi in vaso. Pensate ora al cortile malmesso, ai bidoni dei rifiuti a vista e a quell’orrenda colata di cemento. Che ne dite, lo rivediamo? Nascondiamo i rifiuti dietro una barriera di piante? Aggiungiamo un paio di panchine dove poter leggere e fare 4 chiacchiere senza guardarsi le scarpe? Pensiamo ad una pavimentazione diversa, magari in pietra?
La lezione che dovrebbe rimanerci impressa è che prendendoci cura degli altri, e dei beni comuni, non stiamo perdendo tempo o risorse, né ci stiamo trasformando in martiri della civiltà, stiamo semplicemente migliorando noi stessi e la nostra vita, quella vera, fuori da Netflix.