Ritorno al futuro (del passato)
Il 2020 è stato “Un anno vissuto pericolosamente”, per citare un film degli anni ’80, ed è stato un anno nel quale tutti noi abbiamo trascorso molto più tempo in casa. Ci siamo guardati attorno, abbiamo analizzato ogni singolo oggetto presente e magari abbiamo riflettuto circa i pezzi inutili che abbiamo acquistato, o quelli mancanti, che dovremmo acquistare.
Perché nei ritmi “standard” delle nostre vite frenetiche – da capire, poi, se siano reali o presunte – è capitato a tutti di comprare cose piuttosto a caso. Nella migliore delle ipotesi con il pensiero di perfezionare i nostri spazi, nella peggiore, per “fare bella figura”. Insomma, tendiamo spesso a vivere delle vite funzionali agli altri più che ricercare una reale armonia con noi stessi, diciamoci la verità.
Ed eccoci tentati di collocare il libro giusto (mai aperto) sul coffee table – meglio nero con scritte bianche – abbinato alla candela del brand più chic. E perché non aggiungere un pezzo vintage? Scelto tra quelli di nicchia però, un’operazione intellettuale, insomma, comprensibile solo ai frequentatori delle mostre minori della Triennale di Milano.
Il passaggio critico – per logica ed etica – di questo modus operandi, è che noi ci comportiamo in questo modo avendo le case di genitori e nonni stipate di oggetti che, indubitabilmente, pensano di trasferire nell’aldilà. E parliamo di oggetti inutilizzati da decenni, non goduti dai proprietari presenti né da quelli in pectore, post mortem dei primi, s’intende.
La vita va goduta oggi, gli oggetti vanno goduti oggi, perché il futuro è oggi. Che senso ha seguitare a far acquisti quando potremmo godere dei beni già presenti nelle case di famiglia? Un vecchio servizio della nonna, delle sedie che giacciono abbandonate in cantina da mezzo secolo – magari rivestite con una nuova stoffa – l’argenteria utilizzata l’ultima volta nel 1987, l’anno in cui morì la zia acquisita dalla parte della nonna paterna. Poi il cassetto venne richiuso con tre giri di chiave, neanche vi fosse la salma di Cleopatra.
Ebbene sì, voglio spezzare una lancia in favore dell’argenteria e del suo utilizzo quotidiano. Perché no? Dobbiamo uscire dalla logica delle “occasioni” per utilizzare i bei pezzi, dobbiamo combattere l’egoismo inutile degli accumulatori di famiglia, dobbiamo vivere le cose che già abbiamo, come le persone.
Per esse chiari, tutto ciò non vuole essere un’apologia a non acquistare più nulla, semmai un invito a godere i beni che si hanno, e soprattutto a donare agli altri quanto non sia più utilizzato. Esiste spesso un egoismo “venduto” come desiderio di conservazione: ipocrisia.
Dobbiamo ritrovare una relazione più corretta e matura coi beni materiali, dobbiamo imparare ad apprezzare i pezzi che hanno una storia, che rappresentano la nostra storia. Ma attenzione a non commettere l’errore opposto: viviamo il presente senza fuggire in un passato di ricordi, perché ci giocheremmo la possibilità di vivere l’unico “qui ed ora” che abbiamo. Non esistono replay dei nostri giorni, non ci è dato riavvolgere il nastro del tempo che scorre.
La vita ha bisogno di storia, di radici e di leggerezza, al contempo; ha bisogno di generosità – questo è rivolto soprattutto alle generazioni che ci precedono – ed ha bisogno, infine, di consapevolezza ed armonia.
Rispettiamo le cose, vivendole, amiamo le cose, condividendole. E sorridiamo nell’atto di separarci da esse, consapevoli che altri potranno goderle.
La nostra felicità è quella degli altri, pensateci.